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Il Tar accoglie il ricorso del Comune di Cori e blocca la nuova cava

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Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio di Roma ha annullato la determinazione con la quale il Dipartimento Programmazione Economica e Sociale della Regione Lazio aveva autorizzato la Società Cave Lepine Spa ad aprire un nuovo sito estrattivo di calcare sul territorio comunale di Cori. Per il Sindaco Tommaso Conti: “È la vittoria del Comune di Cori contro la burocrazia regionale e i deturpatori del paesaggio”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio di Roma ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Cori contro la Regione Lazio e la Società Cave Lepine Spa per l’annullamento della determinazione con la quale il Dipartimento Programmazione Economica e Sociale della Pisana aveva autorizzato la ditta ad aprire una nuova cava di calcare nei pressi del Monte Maiurro, a pochi metri da quella attiva di Contrada Perunio e da quella dismessa di Colle Medico.

Due le principali motivazioni alla base dell’accoglimento dell’impugnativa presentata dal Comune di Cori al Giudice Amministrativo: esistenza del vincolo idrogeologico nell’area individuata per l’escavazione, dato che il parere regionale sul vincolo di durata triennale era decaduto per decorso del tempo, ed infondatezza dell’interesse sovracomunale della Regione a rilasciare l’autorizzazione.

L’area della Cava

“Davide sconfigge Golia – commenta il Sindaco Tommaso Conti la sentenza del TAR che annulla la procedura di concessione per l’apertura del nuovo sito estrattivo – è la vittoria del Comune di Cori contro la burocrazia regionale e i deturpatori del paesaggio, l’ennesima di questa Amministrazione che da 10 anni si batte per la tutela dell’ambiente e del territorio. Il testamento morale per la nuova Amministrazione che verrà”.

Giunge al termine una vicenda iniziata nel 2008 quando Cave Lepine presentò il progetto agli uffici regionali, ottenendo la loro autorizzazione nel 2012. Nel 2013 il Comune di Cori ha impugnato l’atto al TAR di Roma per chiederne l’annullamento sulla base di una serie di violazioni di legge per eccesso di potere. In primis l’autorizzazione era stata concessa nonostante il mancato inizio dei lavori entro il termine previsto di 3 anni dal rilascio del nulla osta idrogeologico (2009).

L’ente lepino inoltre ha rivendicato la sua competenza decisionale, in assenza di un interesse sovracomunale che potesse attribuirla alla Regione. La potestà programmatoria in questo settore spetta esclusivamente ai Comuni, nell’ambito del Piano Regionale delle Attività Estrattive. Demandare ai burocrati regionali scelte così rilevanti, senza controllo politico, avrebbe potuto spianare la strada alla costituzione di un polo estrattivo, che avrebbe significato poter continuare a scavare ad oltranza.

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