25 Aprile, 80esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo: le riflessioni dell’Anpi di Aprilia.
“Quest’anno, oggi, celebriamo l’Ottantesimo Anniversario della Liberazione dell’Italia dal Nazifascismo. Il 25 Aprile del 1945 l’Italia rialzava la testa, usciva dal lungo ventennio fascista e apriva finalmente le porte alla democrazia. Quel giorno il popolo si riversò nelle piazze partecipando con gioia alle sfilate dei Partigiani i quali, anche nel ricordo dei tanti compagni che avevano sacrificato la vita contro la barbarie, pur di fedi e culture diverse, giurarono eterna fedeltà a quei valori che avevano saputo costruire nella lotta contro il nemico comune. Chiedevano Libertà Solidarietà, Giustizia sociale, Pace. Dietro ogni bandiera, ogni canto, ogni corteo, ci sono le storie di chi ha dato tutto per un Paese libero: partigiani, staffette, donne, operai, deportati, internati militari, sacerdoti, famiglie intere, tantissimi giovani. In quel giorno straordinariamente unico, simbolo del riscatto nazionale, gli antifascisti vollero consegnare agli italiani un futuro da costruire, un Programma di radicale cambiamento della società civile. Le prime elezioni libere, l’Assemblea costituente per la scrittura di un ordinamento costituzionale fu dunque il brillante e maestoso risultato di quella lotta e di quel lascito. Una casa comune, un album di famiglia. Girando le pagine della Costituzione conosciamo, ancora con emozione, le aspettative, i sogni, le speranze delle Madri e dei Padri costituenti all’indomani della Liberazione.
Anche dal confino di Ventotene spirò un vento di speranza per il futuro, chiaro e forte, che vedeva nell’ideale federalista europeo la via per curare le ferite di un’Europa avvelenata dagli egoismi nazionali, lacerata dalle violenze razziali dei regimi totalitari e insanguinata da una guerra che causò tra i sessanta e i settanta milioni di morti tra civili e militari Quel Manifesto, per quello che rappresentò allora e per quello che ancora rappresenta resta più che mai un punto di riferimento irrinunciabile per chiunque, in Italia e in Europa, abbia davvero a cuore la Libertà coniugata con la Giustizia e la Democrazia. Per questo Ventotene e il suo Manifesto sono stati riconosciuti Patrimonio culturale dell’Unione Europea. Tentare d’infangarne lo spirito, perciò, citando in modo capzioso passi del Manifesto estrapolati dal loro contesto, è un’operazione che disonora l’Italia. Celebrare l’80esimo significa anche difendere quei valori oggi, in un tempo in cui il vento della storia sembra volerli mettere in discussione. E’ triste infatti dover costatare conflitti sempre più allarmanti ed estesi tra gli Stati, guerre commerciali che aumentano le povertà, gravi e insoluti problemi climatici, tutti eventi che favoriscono processi di chiusura nei confini nazionali, nuovi sovranismi, aumento delle spese militari, minacce alle libertà democratiche e sfiducia nelle Istituzioni internazionali di garanzia. In questa gravissima instabilità geopolitica tra l’altro, l’apparizione sulla scena internazionale di personaggi inquietanti come Trump, Putin, Netanyahu possono far precipitare il mondo nell’abisso dalle conseguenze inimmaginabili per l’umanità. Le prospettive per il futuro rimangono perciò estremamente preoccupanti. L’Italia e l’intera Europa sono coinvolti in questi processi. “In Europa, la guerra di Mosca contro l’Ucraina continua a provocare sofferenze indicibili alla popolazione, a tutti i civili e conseguenze drammatiche a livello mondiale”. Sono le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Permetteteci, nel ricordo di Vittorio Arrigoni e del suo internazionalismo pacifista, di inviare un messaggio di solidarietà e di Pace fuori dai nostri confini, a tutti quei popoli che soffrono sotto regimi dittatoriali, a tutti quei popoli che aspettano da troppo tempo la liberazione e guardano al futuro con la speranza che le Istituzioni internazionali, l’Europa immaginata da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, l’Italia della Costituzione Democratica e antifascista agiscano con la loro capacità di intervento e di dissuasione a favore della costruzione di un mondo di Pace e di Giustizia. “Al di là delle latitudini e delle longitudini apparteniamo tutti alla stessa famiglia, che è la famiglia umana”, usava dire. Pensiamo al dramma inascoltato della Palestina. In una delle tante crudeli operazioni criminali di Israele contro la popolazione civile 2008- 2009, lui coinvolto in quel massacro, rivolgendosi all’inerzia del mondo occidentale e delle Istituzioni internazionali, scrive: “Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo «civile», in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.” Un invito purtroppo rimasto inascoltato! In un silenzio assordante, in un’Europa delle nazioni egoiste e solo mercantile, in una diffusa programmazione di derive sovraniste anche in Patria, sentiamo pericolosamente abbandonare la cultura della Pace, della Solidarietà, della giustizia sociale. E invece si rafforzano progetti di investimenti colossali nel riarmo dell’Europa e dell’Italia abbandonando completamente il sogno di “un’Europa libera e unita” e di un’Italia che “ripudia la guerra”.
Noi vogliamo sì una difesa, ma fondata sulla giustizia sociale, sull’uguaglianza, sull’investimento nei servizi pubblici. E la campagna referendaria per l’appuntamento dell’8 e 9 Giugno va in questa direzione: rimettere al centro il lavoro, la persona, i diritti. Lo dobbiamo a quelle donne e a quegli uomini che combatterono il nazifascismo e morirono per consegnarci un futuro di Libertà e di Pace. Siamo e resteremo incrollabilmente con i valori fondanti della nostra Costituzione e dell’Europa federale così come nacque al confino di Ventotene. Facciamo nostre le parole di Gino Strada, fondatore di Emergency, che conosceva le conseguenze di tanti conflitti in ogni angolo del mondo. Un pensiero semplice ed efficace: “Credo che la guerra sia una cosa che rappresenta la più grande vergogna dell’umanità. E penso che il cervello umano debba svilupparsi al punto da rifiutare questo strumento sempre e comunque in quanto strumento disumano.” Oggi ricordiamo anche il giorno della fondazione di Aprilia (85°). Il patrimonio culturale del nostro territorio non ha bisogno di miti fondativi e di tentazioni ricorrenti e assolutorie tanto in voga oggi, del tipo: “Però Mussolini ha fatto anche cose buone”. Ad evitare contrapposizioni ridicole e stridenti interferenze serve forse semplicemente uscire dai ridotti confini cittadini e considerare gli anni di cui parliamo (’36 – ’37). Sono quelli in cui il regime fascista si manifesta in tutta la sua drammatica, sventurata e aggressiva realtà: le atrocità dell’avventura coloniale, l’intervento sconsiderato nella guerra civile spagnola al fianco dell’esercito tedesco, l’alleanza con la Germania nazista, la costruzione della superiorità della razza italica. La bonifica e la fondazione di centri agricoli disseminati non solo in terra pontina erano dunque parte importante di un preciso e complessivo progetto ideologico totalitario. Alle tante famiglie contadine del Veneto, del Friuli, del ferrarese, il fascismo aveva sì dato lavoro e liberato dalla povertà ma in cambio di un preciso e umiliante sovrapprezzo: l’assoluta fedeltà al regime per un piano scellerato che già allora poteva intravedersi tragico. La Città di Aprilia è ormai matura per guardare con occhio distaccato alle sue origini, senza negarle perché a queste origini sono legati i destini, le vite di coraggiosi coloni che hanno lasciato forti e preziosi messaggi di coraggio e di sacrifici. Gli apriliani hanno infatti saputo costruire, di generazione in generazione, nelle svolte storiche più significative, preziosi percorsi di memoria collettiva, intrecci interculturali, campi larghi di vocazione solidale. Purtroppo le varie Amministrazioni succedutesi, le ultime soprattutto, non hanno saputo cogliere e valorizzare adeguatamente questa specificità apriliana con opportune e coraggiose politiche, fatti concreti, anche da noi varie volte sollecitate, soprattutto in questo momento storico in cui si concede che anche il principio costituzionale della solidarietà perde di assolutezza e si presenta come merce nel vergognoso mercato della politica. Il risultato? Una Città fortemente inquinata dal malaffare, dove domina incontrastato l’individualismo più sfrenato e che fatica a ricostruire una normalità istituzionale. Bisogna che la società civile reagisca, ricostruendo una classe politica adeguata che la rappresenti, “con disciplina e onore” e senza sconti.
E comunque non vogliamo rimanere indifferenti. Nel ricordo di uno splendido passato (la Resistenza), nella fiducia in un magnifico documento (la Costituzione), ricordando le proposte del Manifesto scritto al confino di Ventotene “per un’Europa libera e unita” al fine di evitare future guerre, coltiveremo la fiducia in un futuro migliore nella certezza che tanta parte della società civile, organizzazioni sindacali e partiti non vorranno essere complici di Governi che non alzano la voce contro le disuguaglianze, le ingiustizie, i conflitti. C’è bisogno di esserci e di continuare a crederci. W la Resistenza, W il Manifesto di Ventotene, W l’Italia della Costituzione. Per questo andremo a rendere omaggio floreale (una rosa rossa), nei luoghi dell’intitolazione, a Giacomo Matteotti, a Sandro Pertini, a Giuseppe Di Vittorio che di questi valori furono grandi, indimenticabili interpreti”.