Tornano la festa di Sant’Antonio Abate e l’ottava Sagra della Polenta e dei Zampitti a Velletri dell’Università Mulattieri e Carrettieri e con il patrocinio del Comune veliterno. Eventi e celebrazioni fino a questa domenica 22 gennaio. Dopo un primo fine settimana di appuntamenti, questo sabato mattina la benedizione dello Stendardo e quella dei cavalieri pressola chiesa di Sant’Antonio Abate. Nel pomeriggio sfilata su Corso della Repubblica dei cavalieri e degli Sbandieratori e Musici “Città di Velletri”-
Festa Sant’Antonio Abate, il programma del 2023
Sabato 21 gennaio presso la Chiesa di Sant’Antonio Abate ci sarà la benedizione dello Stendardo e quella dei cavalieri alle 8.30. Dopo le celebrazioni religiose, i cavalieri cavalcheranno per le vie cittadine per far visita ai fedeli che ne hanno fatto richiesta.
Dalle ore 16.30 alle ore 20.30 i cavalieri del Santo sfileranno per Corso della Repubblica, accompagnati dal gruppo Sbandieratori e Musici “Città di Velletri. Alle ore 17.30 presso la Chiesa sita a Via Sant’Antonio verrà celebrata la liturgia.
Dopo la messa, alle ore 18.30 presso i locali della Chiesa il Prof. Alberto Crielesi presenterà il suo libro Sotto il segno del Tau – La Precettoria antoniana di Sant’Antonio Abate a Velletri, a cui seguirà un aperitivo di saluto. Dalle ore 18 alle ore 22 a Piazza Caduti sul Lavoro si svolgerà l’Ottava edizione della Sagra D’a Polenta e D’i zampitti, a cura de La Sfizzeria.
Domenica 22 gennaio si concluderanno i festeggiamenti in onore del Santo. Come il giorno precedente, a piazza Sant’Antonio, alle ore 8.30 ci sarà la benedizioni dello Stendardo e dei cavalieri. Durante la giornata, fino alle ore 20, continuerà la Sagra D’a Polenta e D’i zampitti e alle ore 11.00 è prevista una visita guidata della Chiesa di Sant’Antonio Abate a cura del Prof. Alberto Crielesi.
Alle ore 10.00 il Vescovo Monsignor Russo celebrerà la Santa Messa, dopo la quale si svolgerà la benedizione degli animali, mentre alle ore 10.30 in Piazza Mazzini si svolgeranno le esibizioni dei gruppi partecipanti e seguirà l’assegnazione di vari premi: IX Trofeo Marcella Maggiore al Cavallo/Cavaliere con la più bella bardatura e del XX Trofeo Adele Nicosanti che andrà al proprietario del balcone meglio addobbato. Una volta terminate le premiazioni, intorno alle ore 12.00, si procederà all’asta pubblica per aggiudicarsi lo Stendardo raffigurante Sant’Antonio.
Una volta dichiarato il vincitore, il corteo sfilerà presso l’Ospedale Civile di Velletri e visiterà gli ammalati. Sempre alle ore 12.00, presso la Chiesa di Sant’Antonio Abate verrà celebrata Messa. Alle ore 14.30 presso Via Martiri delle Fosse Ardeatine si svolgerà la Rievocazione storica della Giostra dell’anello, gioco di origine medievale che caratterizza la festa. Il vincitore della Giostra quest’anno si aggiudicherà il 47° Trofeo REMO STRILLOZZI.
Alle ore 17.00 continuano le celebrazioni religiose con lo svolgimento di una Santa Messa nella Chiesa dedicata al Santo. Dalle 17.30 alle 18.30 Piazza Mazzini si colorerà di spettacoli, come la Fiaccolata dei Cavalieri, mentre a Piazza San Francesco verranno distribuite le tipiche ciambellette e vino. Le celebrazioni si concluderanno solennemente alle ore 19.00 è con la Santa Messa, alla fine della quale, i cavalieri accompagneranno lo stendardo presso l’abitazione del devoto che si è aggiudicato l’asta.
Il saluto del Parroco
Ritorna la festa di Sant’Antonio Abate e torna in un momento di grande incertezza. Da oltre due anni la pandemia è stato un nemico invisibile, che ha causato circa cinque milioni di vittime, con effetti devastanti sull’economia, riducendo occasioni e modalità di incontro. Quando si iniziava ad intravedere qualche spiraglio di luce, è tornata, anche in Europa, la guerra: la Russia ha invaso l’Ucraina e il conflitto armato che ne è seguito non sembra aver possibilità di arrestarsi. Morti e distruzione hanno il sopravvento. C’è tanta voglia, specialmente tra i giovani, di
tornare alla cosiddetta normalità, c’è tanta voglia di di pace, di spensieratezza, di vivere momenti di convivialità. Certo mettendoci di fronte a questo panorama e guardando la vita di sant’ Antonio Abate, anche al di fuori di questo tempo che viviamo, la sua vita sembra nemica della gioia, della festa. Una vita arcigna, in solitudine, custode della vita “seria”, degli impegni, dei tempi dedicati alle scelte fatte, delle lotte contro gli spiriti cattivi. Una vita che ogni anno, nel mese di gennaio, ci mettiamo davanti, che ammiriamo come coerente ma non amiamo fino in fondo perché ci sembra troppo esagerata e poco dedica alla gioia; una vita quella di Sant’Antonio considerata coerente, ma non amata fino in fondo. E allora che cosa può dire la vita di Sant’ Antonio Abate a noi che desideriamo vivere una esistenza pacifica, fraterna, serena, piena e non solo perché siamo in questo tempo segnato dal post-pandemia e dalla guerra? Essa ci dice la gioia è essenziale anche alla vita spirituale: si possono stringere i denti nei periodi difficili, si può tenere duro per un po’, ma non si può andare avanti sempre e solo con la forza di volontà. La gioia è la nostra meta finale: siamo fatti per la gioia, per la serenità e quindi abbiamo bisogno di sperimentarla durante gli anni del nostro cammino. Sentite che cosa dice Sant’ Atanasio nel racconto della vita di Sant’ Antonio Abate al n.14: “Antonio trascorse quasi venti anni in solitudine, senza uscire e senza farsi mai farsi vedere. Poi molti lo chiamarono e Antonio venne fuori come da un santuario… allora fu visto per la prima volta uscire da coloro che erano venuti da lui. Ed essi, quando lo videro, provarono meraviglia. Constatarono che il suo corpo aveva la stessa forma di prima. Non era diventato pingue per non essersi esercitato da molto tempo, né sottile a causa dei digiuni e delle battaglie con i demoni.
Egli si rivelò tale e quale l’avevano conosciuto prima che abbandonasse il mondo; e videro anche le qualità dell’animo erano pure e integre. Non appariva triste in seguito alle fatiche né quasi inondato di gioia: su di lui non facevano presa né il riso “né” l’afflizione; non si turbò vedendo folla così grande, non gioiva perché era salutato da tanti, ma rimase sempre uguale a sé stesso. Molte persone il Signore curò per mezzo di lui … consolò molte persone tristi, riconciliò altri che erano in lite, dicendo a tutti che non dovevano anteporre all’amore per Cristo nulla di quanto si trova nel mondo…”.
Siamo di fronte ad una persona con una gioia personale, intima che è grande quando è condivisa con gli altri. Una gioia che non è solo qualcosa di spontaneo, ma Sant’Antonio la cerca, sa accorgersi del bene che c’è nella sua vita, e ringraziare per esso, sa respingere le tentazioni, coltivare le buone relazioni con gli altri: una gioia che chiede costanza e discernimento.
Tutto questo non c’entra niente con gli eccessi dello sballo: chiunque abbia un po’ di esperienza di vita sa che l’eccitazione dei sensi è piacevole, ma dopo un po’ non basta più. Rincorrere una stimolazione sempre più forte porta all’autodistruzione, in un modo o nell’altro. Si fare, come si dice dei giovani,“le loro esperienze”, a volte anche pericolose per sé e per gli altri, non è quella la via della gioia e prima o poi ci si rende conto.
La vita di Sant’ Antonio Abate ci ricorda che la gioia, la serenità interiore si prova dopo aver raggiunto un risultato o quando si esaudisce un desiderio, quindi può essere il punto di arrivo di un percorso più o meno lungo, ma può anche essere l’effetto di qualcosa di bello e inatteso che ci succede o ci viene regalato: per il nostro monaco è una vocazione!!. A volte la gioia sembra essere senza motivo apparente: si avverte un senso di pienezza, di completezza e ci si sente pieni di gratitudine solo perché ci siamo. È una gioia che può coesistere anche con situazioni di vita difficili, travagliate e disagiate (Antonio viveva nel deserto, nella solitudine), non dipende dallo stare bene o dal piacere e non può essere prodotta da noi: la si riceve. Tutto questo ci aiuta a ricordare che non siamo soli, che il Signore è con noi, che è lui la nostra gioia. Un caloroso grazie all’Università dei Mulattieri e Carriettieri, insieme a tanti che con il loro, in questi anni difficili non si sono persi d’animo e che hanno fatto ciò che era possibile fare per mantenere viva la festa e per rinnovare questa significativa tradizione.
Il parroco
Chialastri don Cesare


