Molto più che infiltrazioni, ma una occupazione nei settori nevralgici in preoccupante continuità con la precedente amministrazione, fino a individuare un «vizio genetico» di «un consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia». Tra le righe dei tanti omissis per salvaguardare la privacy delle persone coinvolte nell’inchiesta, ma la cui posizione è da chiarire, spicca una ricostruzione cruda che coinvolge tanti settori della vita della città, da quello elettorale, a quello urbanistico a quello sportivo.
«La ratio della legge – viene scritto nero su bianco – è quella di intervenire per interrompere il rapporto di convivenza o di convenienza degli amministratori locali con sodalizi criminali di stampo mafioso che può rintracciarsi sia nella cosiddetta contiguità compiacente, sia nella cosiddetta contiguità soggiacente, esercitata con pressioni, minacce, atti intimidatori che influenzano in maniera determinante o diretta la vita dell’ente». Si parla inoltre di «… un quadro complessivo connotato da un lato dalla presenza nel contesto territoriale di gruppi criminali di tipo mafioso e rapporto con il tessuto politico amministrativo, dall’altro da una precarietà delle condizioni funzionali dell’ente che assumono un’evidente significato indiziario di permeabilità all’ingerenza della criminalità organizzata anche da parte dell’apparato burocratico amministrativo la cui azione si è caratterizzata per comportamenti omissivi sul piano dei controlli e per aver rinunciato ad ogni funzione diretta a ripristinare il pieno rispetto della legalità».
Pagine asciutte che non lasciano spazio ad alcun dubbio quelle del Prefetto di Latina, Vittoria Ciaramella, la cui relazione è stata notificata agli ex consiglieri comunali.
«L’associazione mafiosa non si è limitata ad infiltrarsi nel comune ma lo ha occupato nei suoi settori nevralgici, e hanno anche evidenziato che l’attuale pericolosità del sodalizio è comprovata dall’esistenza di una struttura organizzata che consente la latitanza del capo clan».
Nella relazione si parla ancora di: «Forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione locale, nonché il buon andamento e il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell’ordine e della sicurezza pubblica e degli interessi della comunità”, ma anche di “disordine amministrativo».
Parole che scaturiscono direttamente dalla relazione del Prefetto di Latina che ha portato allo scioglimento del Comune di Aprilia per mafia, in particolare è stata ricostruita la presenza di cosche calabresi.
«La commissione d’indagine – si riporta nella relazione – ha accertato la presenza, tra i sottoscrittori di una lista collegata al sindaco nella tornata elettorale del 2023, di soggetti collegati direttamente o indirettamente all’associazione mafiosa apriliana».