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Giornata della Memoria a Latina, “La scuola aiuti a riconoscere fenomeni di odio e intolleranza”

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Giornata della memoria a Latina. Al teatro Ponchielli di Latina il ricordo della Shoah. Consegnate le medaglie d’onore a 9 deportati pontini e poi Sozio al ricordo di Antonio Gnasso deportato in Germania.


Questo il discorso della Prefetta Ciaramella

Saluto e ringrazio tutte le Autorità civili e militari presenti, in particolare, il Vicepresidente del Parlamento europeo On. Antonella Sberna, che ci onora con la sua presenza e il Dirigente scolastico che ci ospita per celebrare con voi studenti il Giorno della Memoria.

Sono passati venticinque anni dalla legge istitutiva di questa giornatadedicata al ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

La scelta del 27 gennaio vuole ricordare il giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche arrivarono presso la città di Auschwitz (80 anni fa) e rivelarono, anzi “disvelarono”, come disse Hannah Arendt, filosofa politica ebrea, le atrocità del genocidio nazista degli ebrei.

Oggi – ragazzi e ragazze – mi rivolgo a voi, perché possiate cogliere, tra le pagine della narrazione sulla Shoah, il senso più profondo del dramma immane che hanno vissuto nel secolo scorso tanti esseri umani, tra i quali vi erano molti vostri coetanei, e che ha segnato inesorabilmente la loro esistenza e quella delle generazioni successive, con l’auspicio che questa rievocazione non si limiti solo a toccare le corde dell’emozione, dissolvendosi poco dopo, ma diventi conoscenza dei fatti e contribuisca allo sviluppo di uno spirito critico.

E’ la scuola che deve aiutarvi a coltivare – lungo un percorso che, certamente, tutti noi siamo chiamati a sostenere – e a fornirvi gli strumenti necessari a comprendere e a riconoscere, anche nel presente, le espressioni, a volte latenti, di odio e di intolleranza, e a reagire di fronte alle ingiustizie e alle discriminazioni che ne conseguono.

La giornata della memoria è e deve essere un momento di riflessione comune fatta dai cittadini con l’ausilio e l’incoraggiamento delle Istituzioni. E’ un momento pubblico di noi tutti per interrogarci sull’importanza e sul senso del ricordare e del raccontare il passato.

Il filosofo Ricoeur ci aiuta affermando che: “la memoria diventa carica di significato per tutti quando è rivisitata dal progetto del futuro”.

Nella particolare epoca in cui viviamo è quanto mai urgente dare del raccontare e del raccontarsi un momento di dialogo, che attraversi le differenze, a partire da quelle generazionali.

Osservare i nostri giovani, che sono gli occhi e le menti del presente e del

nostro futuro ci offre la rara opportunità di comprendere che senza un racconto

di chi siamo e da dove veniamo nessun progetto collettivo sarà mai possibile, né per noi, né per voi giovani generazioni.

Ad entrambi si pone la responsabilità. Ai giovani di ascoltare il racconto ed appropriarsene, a noi di rappresentare un racconto che sia fatto per parlare a chi verrà dopo.

Divengono, allora, ancora più preziose le testimonianze, in questa circostanza, dei sopravvissuti all’Olocausto e dei loro familiari, perché ci trasmettono, con il loro carico di dolore, il peso di una responsabilità che tutti siamo chiamati ad assumerci.

Le vicende internazionali degli ultimi anni, che sono giunte a replicare

tristemente gli schemi del passato, sono la prova di come la costruzione e il

mantenimento della pace siano attività complesse e delicate che richiedono la partecipazione e l’impegno di tutti.

Occorre, quindi, assolutamente parlare perché, come atrocemente ci diceva

Primo Levi, “la peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo”.

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