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Mafia ad Aprilia. Dov’è Patrizio Forniti? Il “Capo dei Capi” sparito da luglio

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Dove si trova Patrizio Forniti? E’ la domanda che salta in mente in queste ore. Nato a Roma il 6 marzo 1972 (53 anni), considerato il boss dell’associazione di stampo mafioso scoperta nell’ambito dell’operazione “Assedio”, è latitante ormai da diverso tempo insieme alla compagna, Monica Montenero. Esattamente dal 3 luglio 2024 quando i carabinieri invece arrestarono tra gli altri anche l’ex sindaco Principi. E’ stato l’unico, Forniti, tra le oltre 20 persone finite nell’inchiesta dell’antimafia a riuscire a dileguarsi in tempo. Prima che i carabinieri del Reparto Territoriale sotto la guida della Dia di Roma irrompessero nella sua dimora apriliana per acciuffarlo. In quella casa, gli investigatori hanno ritrovato anche un bunker dotato di un sotterrano, utile via di fuga che dava verso la campagna apriliana. Anche questo dettaglio lo eleva a boss di rango superiore. Oltre all’uso costante delle armi, della violenza e delle minacce verbali per far stare ognuno al proprio posto. Nessuno poteva sgarrare: i suoi sodali in primis, ma anche gli imprenditori e chi per lui si adoperava per lo spaccio di droga o per l’usura.

IL PROFILO DEL BOSS

Il gip Francesco Patrone scrive chiaramente il suo profilo: “Capo indiscusso dell’associazione di stampo mafioso operante in Aprilia e dell’associazione diretta al traffico di stupefacenti, oggetto di altro provvedimento cautelare, tanto da essersi meritato il soprannome Capo dei Capi, risulta condannato con sentenze passate in giudicato per reati contro il patrimonio e per detenzione illecita di armi e munizioni (due volte) e per detenzione illegale di armi da sparo”. “E’ colui – aggiunge il gip Patrone – che tiene i contatti, a livello paritario, con i capi delle più importanti famiglie mafiose calabresi e che non esita a prendere posizione al cospetto di rappresentanti anche di famiglie camorriste a difesa dei territori in mano alla propria associazione. Opera da oltre un ventennio nel settore del traffico di stupefacenti, nonostante i periodi di detenzione carceraria e domiciliare sofferti anche nel corso delle presenti indagini; gestisce le due associazioni anche attraverso la forza del vincolo familiare e della potenza derivante da stretti legami con altre consorterie di tipo mafioso”. Il gip poi aggiunge:Forniti risulta avere la residente in Lussemburgo, dove dispone di basi logistiche, dunque è evidente la sussistenza di concreto pericolo di allontanarsi dal territorio nazionale dandosi alla fuga. Rilevantissimo il pericolo di commissione di ulteriori delitti sia con uso di armi che di violenza alle persone che di ulteriori delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. Risulta già dichiarato recidivo specifico”. Per il magistrato Forniti ha un ruolo apicale e un’elevatissima pericolosità sociale, nonché il rischio che possa inquinare le prove. Per questo il capo dei capi dovrebbe essere in carcere. E invece non si trova.

SPACCIO, ESTORSIONI E INTIMIDAZIONI

Le carte dell’inchiesta documentano fatti di elevata gravità: dalle intimidazioni organizzate ad arte per estorcere denaro agli imprenditori apriliani, alle minacce con le armi e alle botte per decidere chi poteva continuare a vendere la droga sulla piazza di spaccio di via Inghilterra. In un caso un suo pusher che si era approvvigionato di droga altrove venne estromesso dagli affari del clan e costretto poi a consegnare 5mila euro allo stesso Forniti.

Urbano Tesei è tra coloro che sono finiti nella rete. Due gli attentati certamente riconducibili a Forniti e compagni: il primo a gennaio 2020, quando venne piazzata una bomba a mano di fabbricazione inglese sul cancello della Nuova Tese in via Nettunense e poi quello di giugno quando ignoti lasciarono dei proiettili sempre presso la ditta. Alla stessa impresa di trasporti poco dopo vennero anche incendiati dei bus. Le intercettazioni confermano che fu il sodalizio ad estorcere denaro a Tesei con la promessa di offrirgli protezione. Raccontando all’imprenditore che le intimidazioni erano state messe in atto “da un “deficiente” che ha voluto fare di testa sua”, dicono tra loro al telefono. E poi assicurando che “la pratica si era risolta, che era stato solo un errore, gli assicurano protezione e si fanno consegnare diverse somme di denaro”.

L’USURA

E poi ci sono i fatti d’usura: un commerciante di auto a cui venne prestata la somma di 30 mila euro vennero chiesti interessi per il 30% al mese. Fatti di nuovo svolti con la prepotenza e l’intimidazione, con l’unico scopo di affermare la forza del clan sul territorio apriliano. E poi l’utilizzo di attività commerciali e imprese per riciclare denaro: come è accaduto per il ristorante “Da Giovannino” al lido di Latina e per la Plastic, azienda in via Stradivari ad Aprilia. Le due attività sono finite sotto sequestro.

I TENTACOLI DELLE COSCHE REGGINE

Quello che spaventa è quanto i tentacoli delle mafie, delle ndrine siano arrivati fino al territorio apriliano. Forniti è soggetto legato ai Gangemi in ragione di rapporti di lavoro e alla cosca di ‘ndrangheta calabrese dei Gallace. Forniti, inoltre, già in passato arrestato a Liegi per traffico internazionale di stupefacenti, sarebbe “legato in particolare ad Agazio Gallace, Salvatore Siani e Giacomo Madaffari”, esponenti dei Gallace.

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