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Si chiude nel weekend la mostra sulla Statua del Vecchio Pescatore di Anzio.

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Si chiude questa domenica 12 gennaio la mostra sulla Statua del Vecchio Pescatore di Anzio, presa in prestito dai Musei Vaticani, ed allestita presso il al Museo Civico Archeologico. La mostra è aperta tutti i giorni – ad ingresso libero – dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 18.00.

La Statua del Vecchio Pescatore, ritrovata ad Anzio intorno al 1650 (incertezza sul luogo di ritrovamento tra l’attuale Villa Adele e la Villa di Nerone), – allora identificata come Seneca – era certamente a Villa Pamphilj di Roma nel 1658, quando venne restaurata da Adamo Claudio Brefort per 125 scudi. Qui la vide Winckelmann che definì il soggetto “erroneamente intitolato Seneca”, ma la interpretò come uno dei “servi di commedia”.

Nel 1773 il Principe Andrea IV Doria donò il Vecchio Pescatore, con altre due statue, a Papa Clemente XIV, per il nascente Museo Clementino nel Belvedere Vaticano. Ennio Quirino Visconti, che curò l’allestimento della raccolta, riconobbe i pesci nella cesta e finalmente identificò il personaggio come un vecchio pescatore. Per una questione di decoro, nel suo allestimento nel Museo Pio Clementino il Visconti fece fare un prolungamento in stucco del panno.

La Statua, in marmo pario, che sarà esposta nel Museo Civico Archeologico di Anzio, riproduce “un anziano pescatore, che regge una cesta con pesci nella mano sinistra – è riportato nella scheda che accompagna l’opera – e teneva una canna da pesca nella mano destra. La pelle del corpo è rilasciata e cadente, nonostante questa figura è asciutta e manifesta una certa vigoria, che certamente allude al duro lavoro da sempre praticato dall’uomo. La veste è comoda per pescare e per entrare nell’acqua, ma anche povera e poco dignitosa. Si tratta di una conferma dello status servile del personaggio, che certamente – alla sua età, senza troppi pudori e con i modesti risultati riassunti nel secchio che porta – non pesca per professione ma per il necessario sostentamento. Certamente l’opera è intrisa di un forte gusto veristico e popolare, con un realismo cinico e, per certi versi, caricaturale, in sintonia soprattutto con la produzione di Alessandria d’Egitto, nella media età ellenistica, quando queste note divengono occasioni per sottolineare il virtuosismo scultoreo degli artisti”.

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