Sentenza storica contro la burocrazia. Il Tribunale ordina al Sindaco di iscrivere un uomo all'anagrafe

Appare evidente che, effettivamente, la semplice mancata iscrizione anagrafica finirebbe per vanificare tutte le tutele umanitarie e di cura cui il ricorrente ha pacificamente urgente diritto

A cura di Redazione
01 luglio 2025 18:51
Sentenza storica contro la burocrazia. Il Tribunale ordina al Sindaco di iscrivere un uomo all'anagrafe -
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"Il Tribunale ordina al Comune di Latina in persona del Sindaco di procedere all’iscrizione anagrafica".

Una sentenza storica quella emessa dai giudici pontini, sicuramente da un punto di vista umanitario, ma soprattutto come baluardo contro la burocrazia e i suoi cortocircuiti contro i quali nessuno negli apparati amministrativi osa opporsi con le semplici regole del buonsenso, quelle dettate dai magistrati del tribunale di Latina per i quali: "Appare evidente che, effettivamente, la semplice mancata iscrizione anagrafica finirebbe per vanificare tutte le tutele umanitarie e di cura cui il ricorrente ha pacificamente urgente diritto (con ciò concretizzandosi anche il periculum in mora). Il ricorrente è infatti soggetto che ha subito l’amputazione di entrambi gli arti inferiori a seguito di necrosi, risulta privo di memoria di sé tanto da essere coadiuvato da amministratore di sostegno".

Tutto nasce dall'impegno dalla sezione di Latina dell'associazione Avvocato di strada, legali che a titolo di volontariato esercitano la loro professione al servizio degli ultimi.

Nel gennaio 2025 -riferisce l’avvocato Emanuele Petracca, coordinatore di Avvocato di strada Latina e legale che ha portato avanti la battaglia legale - il nostro assistito viene ritrovato in strada in condizioni gravissime, e senza documenti: è in stato semicosciente, non parla, non muove né le gambe né la mano destra e ha gravi escoriazioni sul viso. Non si capisce davvero come potesse stare in strada in quelle condizioni e come avesse fatto a sopravvivere. Le assistenti sociali che lo hanno seguito con estrema cura sin dall’inizio - prosegue  Petracca - riescono a farlo ricoverare in Ospedale, dove purtroppo gli vengono amputate le gambe e le falangi della mano destra e dove si scopre che ha una malattia autoimmune che si trasmette al tocco della pelle. Grazie all’aiuto della polizia la persona viene identificata: ha poco più di 40 anni, viene dall’India e si riesce subito a fargli ottenere il permesso di soggiorno per motivi di salute e un codice fiscale provvisorio. Però, per le cure successive di cui il nostro assistito avrebbe avuto bisogno (Ricovero in RSA, Progesi, Fisioterapia, ecc) era evidente che sarebbe servita anche la residenza anagrafica nel Comune di Latina. Qui però – sottolinea Petracca – arrivano i primi intoppi. Chiediamo ben tre volte la residenza anagrafica e per tre volte ci viene rifiutata. I mesi passano ma ci viene risposto che il permesso di soggiorno non è un documento di riconoscimento valido, anche se le generalità della persona sono state accertate dalla Polizia. Facciamo presente quanto sia paradossale quello che sta succedendo, – prosegue Petracca – ma il Comune per tutta risposta ci suggerisce di chiedere all’ambasciata indiana un passaporto per il nostro assistito. Una procedura senza possibilità di successo, sia per la situazione oggettiva dell’assistito, costretto in un letto, sia per le lentezze burocratiche e sia per l’impossibilità da parte dell’autorità diplomatica di reperire comunque un documento di riconoscimento che gli sarebbe servito per poter emettere un altro passaporto. A questo punto, come già fatto in passato dalla nostra associazione in casi simili, proponiamo un ricorso d’urgenza ex art. 700 cpc. Il Comune fortunatamente non si oppone al ricorso e in questo modo, si evita un altro simpatico impasse: il sindaco infatti nel frattempo era stato nominato, da un altro giudice, amministratore di sostegno del nostro assistito e se il Comune si fosse costituito, il sindaco si sarebbe opposto… a se stesso(!). Scampato anche questo ultimo ostacolo – conclude Petracca – il Tribunale di Latina ci ha dato ragione e ha posto finalmente fine a questa assurda odissea“.

Non nasconde la soddisfazione per la conclusione della vicenda anche il presidente nazionale dell’associazione, avvocato Antonio Mumolo: “Il cortocircuito che si era creato era davvero incredibile. Pezzi di stato che non si riconoscevano a vicenda tirando alla lunga una vicenda che riguardava un uomo in gravissime condizioni. Siamo felici di essere riusciti a garantire la possibilità di curarsi al nostro assistito e – conclude Mumolo – ci auguriamo che quanto successo non capiti più”.

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