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Regione Lazio, “Presentata la legge che garantisce a uomini e donne stessi diritti sul salario”

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Anche nel Lazio le donne che lavorano guadagnano meno degli uomini. Tecnicamente si chiama Gender Pay Gap ed è il divario retributivo di genere: “un fenomeno molto diffuso – dichiara la presidente della IX Commissione consiliare del Lazio, Eleonora Mattia (PD) – che vogliamo combattere con questa proposta di legge che, in 6 capi e 22 articoli, promuove la parità retributiva tra i sessi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità e la valorizzazione delle competenze delle donne. Proprio la parità tra i sessi è l’unica strada per ridisegnare un nuovo modello di società basato su equilibrati rapporti tra donne e uomini e favorire un reale sviluppo socio-economico del territorio. E’ per questo che, con la legge presentata, andiamo a fissare sistemi di premialità per le aziende virtuose ed esclusione dai benefici per quelle che non rispettano la parità salariale. Particolare attenzione è stata dedicata anche a quei comuni, e sono molti, che non rispettano le quote di genere nella composizione delle Giunte: anche in questo caso previsti incentivi o esclusione dai benefici sulla base della rappresentanza femminile negli esecutivi. Tra le misure contenute nella legge anche l’istituzione della Giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro, i voucher per il pagamento del baby sitting, un fondo per il sostegno a donne vittime di violenza, donne con disabilità e donne sole con figli a carico; modifica degli statuti di enti e società regionali per garantire che nei Cda sia presente almeno un terzo dei componenti per genere e nelle cariche societarie di nomina regionale la metà sia di genere femminile”.

I DATI

RETRIBUZIONE: Anche se la Costituzione (Art.3) sancisce l’uguaglianza di ogni cittadina e ogni cittadino la realtà è ben diversa e spesso due persone, pur avendo stesso inquadramento e funzione lavorativa, hanno retribuzioni diverse per il semplice fatto di essere uomo o donna. Una discriminazione che l’Unione Europea condanna ma è ancora ampiamente diffusa anche in Europa dove le donne guadagnano in media il 16.3% in meno all’ora, rispetto agli uomini, divario che cresce fino al 39% se si tiene conto di salario annuo, effettivo numero di ore lavorate, permessi richiesti ed eventuali part-time. In Italia l’elevata percentuale di donne nel settore pubblico (56,2%) attenua molto il gap medio (che col 5.5% è tra i più bassi in Europa) ma il dato complessivo, con il 43.7%, supera nettamente la media Ue. Un divario che ha origini apparentemente innocue, come il fatto di offrire alle donne impieghi part time, con la conseguenza di escluderle poi da funzioni e ruoli di primo livello, in cui si chiede il tempo pieno.

CARICHE PUBBLICHE: Uno studio sulla composizione delle Giunte comunali, effettuato dalla IX Commissione regionale sul rispetto delle quote di genere da parte dei comuni superiori ai 3000 abitanti, ha evidenziato che – nel Lazio – ben 68 comuni, su 169 totali, hanno una presenza di genere inferiore al 40% previsto dalla legge. Tra questi 15 sono i comuni che, con 3 donne in Giunta su un totale di 8 membri (compreso il sindaco), arrivano al 38% dei componenti mentre gli altri 53 sono ben al di sotto del 40% come quote di genere nella composizione della Giunta. Tra le curiosità emerse, risulta che i sindaci donna nel Lazio, compresi i piccoli comuni, sono appena 46 su 380, che scendono a 6 se consideriamo i comuni sopra i 15 mila abitanti.

LA PROPOSTA DI LEGGE N.182 DEL 11 SETTEMBRE

La proposta di legge presentata da Eleonora Mattia stabilisce, in via di principio, l’impegno della Regione a:

favorire la parità retributiva nelle aziende del Lazio anche attraverso benefici economici (contributi fino al 100% dell’Irap relativa ai periodi di imposta e punteggi aggiuntivi nella valutazione dei progetti presentati su bandi e avvisi regionali);

istituire un registro delle aziende virtuose, in fatto di parità salariale;

istituire la Giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro. 

Tra le misure, specifiche, previste nell’articolato della legge come “Strumenti per il sostegno alla sfera lavorativa delle donne” troviamo:

– revoca dei benefici alle aziende condannate per dimissioni o licenziamento, in violazione della normativa in materia di tutela della maternità e della paternità (favorendo protocolli di intesa con gli Uffici giudiziari del Lazio, i servizi ispettivi regionali e le organizzazioni sindacali);

– concessione di benefici economici e sgravi IRAP alle aziende che assumono donne con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato o che assumono donne vittime di violenza e donne disabili;

– introduzione di corsi di formazione specifica per le donne che abbiano perso il lavoro, favorendone il reinserimento lavorativo;

 – promozione dell’istituzione di un apposito “Sportello Donna” presso i Centri per l’Impiego del Lazio e la stipula di protocolli d’intesa con i Comuni per conoscere le esigenze lavorative dei territori di riferimento;

– istituzione di un apposito Fondo regionale per il sostegno a donne vittime di violenza, donne con disabilità e donne sole con figli a carico;

– favorisce la parità di genere anche nell’ambito dell’organizzazione, del reclutamento e della gestione del personale regionale.

Particolare attenzione, nella proposta di legge, viene dedicata agli strumenti per la valorizzazione delle competenze delle donne e per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, attraverso disposizioni per:

– istituire un fondo e promuovere la stipulazione di protocolli di intesa con l’Associazione Bancaria Italiana per l’accesso al credito bancario a tassi agevolati per le imprese femminili;

– modificare gli statuti degli enti e delle società regionali affinché prevedano l’equilibrio tra i generi negli organi di amministrazione e di controllo e nelle cariche societarie di nomina regionale;

– riconoscere buoni e voucher per il pagamento del servizio di baby sitting e la figura del caregiver;

– incentivare le buone pratiche territoriali e la diffusione delle pari opportunità nella conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro.

– revocare ed escludere dai benefici economici quei comuni, sopra i 3.000 abitanti, che non rispettano la normativa nazionale sulla presenza del genere e attivare

 

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